Comincia da qui – Perché la Scuola del Sabato “EccomiGesù” è tanto importante

di Wilona Karimbadi

(su http://www.adventistreview.org/issue.php?issue=2013-1507&page=18, traduzione a cura di M. Cavalieri)

 

C'è una stanza, forse nel retro o nel seminterrato della chiesa; il suo scopo e simile a quello della stanza principale: un luogo in cui studiare, dove imparare e da visitare.

Ma questa stanza è un po' diversa; le sue pareti sono di colore pastello; fiocchi di neve pendono graziosamente dal soffitto mentre in bacheca dei pinguini colorati fanno bella vista. Fiori e foglie sono incollati al battiscopa, a creare un fresco prato. Di solito, nell'angolo c'è un pianoforte verticale, da cui una persona sorridente fa uscire numerose melodie ben note. E poi, di fronte, accanto a un grande flanellografo, ecco una donna o un uomo, o forse entrambi, che stamattina hanno fatto una colazione energetica per essere in grado di svolgere il proprio compito a menadito.

 

Vi saranno anche scatole con gomme a forma di anatroccolo, piccoli martelli, animali imbottiti e fiori di feltro applicati con cura allo schienale di piccole sedie colorate. Ma sono gli occupanti di queste sedie, a rendere la stanza così speciale.

 

Eccoli che arrivano, sfilando uno per uno; qualcuno timido, qualcuno grassottello, accompagnati da entrambi genitori, oppure da uno di essi soltanto o dai nonni. Hanno il loro vestito del sabato: pantaloni, camicia e gilet coordinato, oppure un grazioso abitino, con calze a fiori e spille nei capelli profumati di pulito. Anche i neonati sono presenti, con le loro deliziose tutine del sabato, bene immersi nei loro seggiolini imbottiti!

 

Gli animatori accolgono ogni bambino con teneri sorrisi, animaletti di peluche e canzoni di benvenuto che molti di noi ancora ricordano a memoria, da quando eravamo, a nostra volta, frequentatori di classi come questa.

 

Questi di cui vi ho parlato sono i bambini più piccoli della Scuola del Sabato. Si parte dai neonati, ad arrivare ai bambini e ai ragazzini in età scolare: tutti frequentano una classe creata appositamente per loro. Secondo la loro età e il loro stadio di sviluppo, perché è importante che essi vengano alla Scuola del Sabato? Si tratta di ore di intrattenimento o forse dietro c’è qualcosa di più grande?

 da_dove_viene_la_scuola_del_sabatoDa dove viene la Scuola del Sabato?

EccomiGesù, la Scuola del Sabato per bambini da 0 a 2 anni, in passato era conosciuta come “Culla”. Era il primo livello, in cui il bambino veniva introdotto in una suddivisione basata sull’età presente in molte delle nostre chiese avventiste. Le altre classi che seguono sono GiocaGesù (3-5 anni), AmicoGesù (6-9) e Fortemente (10-13). Forse da una chiesa all’altra vi possono essere piccole variazioni, ma in genere è così.  

 

Secondo Gary Swanson, direttore associato del dipartimento Scuola del Sabato e Ministeri Personali alla Conferenza Generale, la Scuola del Sabato nella chiesa avventista ha avuto origini umili e interessanti.

 

Verso la fine del XIX secolo, le chiese protestanti hanno cominciato programmi scolastici domenicali che, però, avevano il nome di "scuola del sabato", poiché la domenica era considerata il sabato biblico. Inizialmente si trattava di programmi di sensibilizzazione per quei bambini che, anziché andare a scuola, avevano dovuto lavorare precocemente; dietro questa iniziativa c’era il desidero di fornire un mix di istruzione accademica con dentro un po’ di religione.  

 

Nell’ambito dell’avventismo, il lavoro per la Scuola del Sabato non arriva che nel 1852, quando James White produce 19 lezioni per bambini e giovani pubblicate sullo Youth’s Instructor. Il primo sabato con classi per adulti, è organizzato nel 1853, mentre James ed Ellen G. White si trovano a Rochester, New York, inizialmente con solo due fasce d’età: adulti e bambini. Nel ministero di Ellen G. White, il concetto della Scuola del Sabato ha grande rilievo: “… è un ramo importante del lavoro missionario” scrive. “Non solo perché dà a giovani e vecchi conoscenza della Parola di Dio, ma anche perché risveglia in loro l’amore per le sacre verità e il desiderio di studiarle personalmente; più di tutto, essa insegna alle persone a organizzare la propria vita sulla base dei sacri insegnamenti[1]”. Un’organizzazione più formale seguì nel 1869, quando Goodloe Bell divenne editore dello Youth’s Instructor. Egli creò due serie di lezioni, per bambini e giovani, e pubblicò delle linee guida per organizzare gli animatori. Questo approccio più formale fu implementato a Battle Creek, Michigan. Una volta ottenuto il successo iniziale, il concetto di una Scuola del Sabato organizzata prese il volo.

La primissima suddivisione in classi per bambini, risale al 1878; era chiamata “Bird’s Nest” (il nido). Presto si trasformò nella scuola dell’infanzia e, nel 1890, i bambini poterono avere tra le mani Our Little Friend (Il nostro piccolo Amico), un foglio settimanale per bambini al di sotto dei 5 anni, che tuttora viene pubblicato. Col passare del tempo, i programmi della Scuola del Sabato sono stati ridefiniti e riorganizzati. Benché il nome “Culla” fosse molto amato per la classe dei neonati, con lo sviluppo e l’introduzione del GraceLink curriculum nel 2000 vi furono dei cambiamenti nei nomi delle classi e non solo: nuovo materiale, nuova grafica, nuove risorse per animatori e genitori, per bambini con bisogni speciali, ecc., hanno fatto il loro ingresso per arricchire la Scuola del Sabato.

Ma bambini così piccoli, capiscono veramente?
Quei bambini della classe EccomiGesù, tanto piccoli da non riuscire a reggersi sulle sedie da sé, assorbono ogni cosa, come spugne. Dal punto di vista dello sviluppo, sono già così diversi dai neonati o da bambini di sei mesi; quindi possiamo immaginare che cosa accada in loro, dal punto di vista cognitivo, in questi primi anni, un tempo in cui imparano molto di più rispetto ad altri periodi della vita.

Donna Habenicht, Ed.D., professore emerito di educazione e counseling in psicologia presso la Andrews University, è stata coautrice di Teaching the Faith: An Essential Guide for Building Faith-shaped Kids, insieme con Larry Burton, professore di curriculum e istruzione alla Andrews University. “Neonati, bambini di pochi mesi e di due anni, possono imparare molte cose alla Scuola del Sabato, come esperienze religiose, sociali e per lo sviluppo del carattere[2]”, inclusa la preghiera, canti con gesti, condivisione, ascolto, generosità, sapere dire il nome di Gesù e riconoscere la Bibbia come libro di Dio.

Sebbene bambini tanto piccoli abbiano tempi di attenzione brevi, sono in grado di ricavare molto e di imparare il più possibile basandosi sui loro sensi. In questo modo, beneficiano immensamente di un programma pieno di belle scatole contenenti oggetti colorati, di sfondi di feltro su cui appendere immagini di Gesù, di pastori e di animali e, ovviamente, anche di brevi e dolci canti. I bambini di questa fascia d’età rispondono bene attraverso la ripetizione, tecnica impiegata dagli animatori della Scuola del Sabato con maggiore esperienza. “Mi piace la classe EccomiGesù, perché ti puoi attenere allo stesso programma, visto che hanno bisogno di ripetizioni per imparare” dice Jane Morrison, animatrice dalla lunga esperienza e membro della chiesa avventista di Spencerville, in Maryland. “Nel momento in cui cambiamo il programma, si nota il fatto che i bambini cercano di afferrarlo. I genitori dicono: ‘Oh, che bello avere una lezione nuova!’. Ma per un bambino di quell’età, c’è il bisogno di ripetere ancora e ancora la stessa storia e lo stesso programma”.

E tutto questo resta, più di quanto possiamo immaginare.

“Mia madre mi ha raccontato che, all’età di 14-15 mesi, mi ha portato alla Scuola del Sabato” dice Aileen Andres Sox, editore di Our Little Friend. “Sembrava come se io fossi attenta a tutto tranne che alla monitrice. Si ricorda di avere pensato che, visto che tanto non stavo imparando nulla, tanto valeva che lei mi portasse con sé alla classe degli adulti. Il giorno seguente notò che camminavo in modo strano e ripetevo una frase distorta che, si rese conto, faceva parte di una canzoncina della Scuola del Sabato. Appena cominciò a cantarmela, sfoderai un bel sorriso e continuai a camminare a tempo di musica. Mia madre non pensò più che la Scuola del Sabato fosse uno spreco di tempo”.

Ed è importante perché…

e_importante_percheNella vita di una chiesa c’è un passato, un presente e un futuro. Come adulti siamo a cavallo della linea di confine tra il passato e il presente. Ma il futuro della chiesa si trova esattamente nelle mani della nostra progenie: i più piccoli.


“In Malawi c’è un proverbio che dice: ‘Nkhuzi nkhu ma thole’”, dice Saustin Mfune, direttore aggiunto dei Ministeri a favore dei Bambini alla Conferenza Generale. “L'essenza del detto è che se si vuole tori forti e affidabili, ci si deve prendere cura dei vitelli".

Non è facile portare in tempo in nostri bambini alla Scuola del Sabato, ed è ancora più duro il fatto che non riescano a stare seduti tranquilli, quando sappiamo benissimo che la famiglia non riuscirà a seguire il sermone a causa della loro irrequietezza. Ma il processo che si sviluppa di settimana in settimana durante questo sforzo, è cruciale.

“Desidero che i genitori siano coinvolti e anche che siano certi del fatto che vale la pena portare i bambini alla Scuola del Sabato” dice Tina Pillai, che segue la classe EccomiGesù presso la chiesa di Fulton, Maryland. “Quando i genitori sono entusiasti e motivati su quello che sta accadendo alla Scuola del Sabato, cominciano a portare i loro bambini regolarmente in chiesa; e quando i genitori partecipano alla Scuola del Sabato, divengono agenti per il cambiamento”.

“Portare alla Scuola del Sabato un neonato o un bambino di due anni, è un’esperienza di supporto per i neo genitori”, aggiunge Habenicht. “Incontrano altre persone della Chiesa che, come loro, hanno dei figli, e si supportano a vicenda nell’esperienza di genitori. Osservano come l’animatore insegna al bambino e sono incoraggiati a fare lo stesso a casa”.

Una madre racconta la sua reticenza a fare partecipare il proprio figlio alla Scuola del Sabato, la prima volta che si recò nella chiesa avventista.

“Pensavo di doverlo lasciare a una specie di servizio babysitting, come si faceva in altre chiese; così, quando mi fu chiesto di restare, devo essere onesta, rimasi delusa. Ma mentre osservavo come mio figlio imparava avidamente delle cose su Dio e sulla natura, restavo stupefatta. Fui commossa alle lacrime ed ebbi maggiori benedizioni di quante ne avrei avute partecipando a un intero mese di Scuola del Sabato adulti. Ero commossa dalla dolcezza con cui gli animatori insegnavano a dei bambini così piccoli. Sentivo anche la benedizione di poter essere un esempio per mio figlio, mentre lo aiutavo a seguire gli animatori, seduta accanto a lui”.

Questa esposizione precoce ai concetti più basilari della nostra fede, in modo adeguato allo sviluppo di una certa fascia d’età, fa una grande differenza. “Aiutando i bambini a crescere spiritualmente, nutriamo quel bocciolo di spiritualità che Dio ha posto nel cuore dell'uomo. Alla fine il bocciolo diventa rosa, completa fioritura della devozione spirituale"[3].

Sul retro della chiesa, in una stanzetta, la lezione sta finendo. Un bimbo non più grande di 18 mesi va verso una scatola e infila dentro la sua manina, imitando l’animatore. Trova una piccola bandierina arancione con su scritto “Gesù”. Eccitato, la fa sventolare, sorridendo e dice: “Geiù!”.

Alla fine, non è forse di questo che stiamo parlando?

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Wilona Karimabadi è stata animatrice per molti anni, quando i suoi figli, ora adolescenti, erano piccoli, e apprezza quello che la Scuola del Sabato ha significato per la sua esperienza di fede personale e per quella della sua famiglia.



[1] Ellen G. White, Testimonies on Sabbath School Work, Review and Herald Pub. Assn., 1900, Washington, D.C., pp. 109,110

[2] Donna Habenicht, Larry Burton, Teaching the Faith: An Essential Guide for Building Faith-shaped Kids, Review and Herald Pub. Assn., 2004, Hagerstown, Md., p. 213

[3] Donna Habenicht, Larry Burton, Teaching the Faith: An Essential Guide for Building Faith-shaped Kids, Review and Herald Pub. Assn., 2004, Hagerstown, Md., pp. 211,212

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Autore dell'articolo: Stefania Tramutola