Genesi 40:14,23
Vivevano nello stesso giardino un bruco e una lumaca. I due animaletti avevano stretto grande amicizia tra di loro. Insieme strisciavano a passeggio, rosicchiavano le foglie tenere e dolci e avevano dolci colloqui. Insomma, stavano sempre insieme e nei momenti difficili si aiutavano e s’incoraggiavano a vicenda.
Un bel giorno il bruco si fece lento, perse i bei colori, si irrigidì e stette immobile.
La fedele amica gli si avvicinò, gli parlò e, non capendo quel che stava succedendo al suo amico, si disperò e lo vegliò a lungo.
Dopo qualche giorno, dalla spoglia del bruco uscì una variopinta e brillante farfalla che, aperte le ali, cominciò a volare tra i fiori e le erbe.
La lumaca, che aveva assistito al prodigioso cambiamento, si avvicinò e cominciò a parlarle con dolcezza.
“Come ti sei fatta bella! Sono proprio contenta di avere un’amica carina e bella come te. Se tu sapessi come mi sono spaventata quando ti ho visto paralizzata, prima della tua trasformazione!”.
“Chi sei tu?”, la interruppe la farfalla. “Quando mai ci siamo conosciute! Io ho delle ali delicate e meravigliose, vivo nell’aria tra i fiori colorati e profumati; tu, invece, strisci e sbavi nel fango tra i vermi. Ah, se il giardiniere liberasse il mio giardino da certe sudice bestie”.
La lumaca ci rimase male e disse con umiltà: “Va bene, va bene, non ci siamo mai viste. Però ricordati che io ti ho conosciuta quand’eri bruco e strisciavi come me”.
Bambini, purtroppo è proprio così. Quando viviamo o ci troviamo in una posizione migliore rispetto agli altri, capita spesso di dimenticare coloro che sono meno fortunati di noi.
Così capitò a Giuseppe. Mentre era in carcere strinse amicizia con il coppiere del faraone.
Poi, sapendo che quest’uomo sarebbe stato riabilitato e avrebbe, come in passato, nuovamente offerto la coppa al faraone, gli disse: “Ricordati di me, quando sarai felice, e sii buono verso di me, ti prego. Parla di me al faraone e fammi uscire da questa casa”. Ma il coppiere, quando fu riconfermato al servizio del faraone, non pensò più al suo amico che si trovava in carcere. Infatti, è scritto: “Il coppiere non si ricordò di Giuseppe, ma lo dimenticò”. Se non fosse intervenuto il Signore a liberarlo, forse Giuseppe sarebbe rimasto per sempre in carcere.
Che cosa potete fare per non imitare il coppiere del faraone? In ogni modo vi suggerisco di mettere accanto al vostro salvadanaio, dove custodite i risparmi, un altro, per ricordarvi fattivamente di coloro che sono meno fortunati di voi. E, a proposito, dimenticavo: questo secondo salvadanaio svuotatelo ogni tredicesimo sabato.
Di Giovanni Negro (Adattata da Enciclopedia della fiaba, Principato editore)