Romani 12:19-20
Un re aveva tre figli e, tra le tante sue ricchezze, possedeva un diamante unico al mondo. Il padre promise che lo avrebbe dato a colui che fosse stato capace di compiere la più grande impresa. Il maggiore uccise un orso. Il secondo, da solo e servendosi di un piccolo pugnale, riuscì a uccidere dieci uomini. Il terzo incontrò il suo nemico peggiore profondamente addormentato sul ciglio di un’alta scogliera e lasciò che continuasse a dormire. Il diamante, a chi venne assegnato? Venne assegnato al terzo figlio.
Uno scrittore russo ha scritto che una volta si era fermato per osservare i bambini durante i loro giochi. “A che cosa giocate?” domandò. “Giochiamo alla guerra” dissero i bambini. E l’uomo di rimando: “Come si può giocare soltanto alla guerra? Sapete certo quanto brutta è la guerra. Dovreste piuttosto giocare alla pace”. Fecero silenzio e, pensierosi, si consultarono a vicenda; poi di nuovo tacquero. E finalmente uno di loro andò dagli adulti e chiese: “Come si gioca alla pace?”.
Perché per l’uomo la guerra è più facile della pace? Perché in noi c’è sempre il desiderio di vendetta? Perché alcuni discepoli quando gli abitanti di un villaggio non vollero accogliere il loro Maestro, chiesero a Gesù: “Vuoi che facciamo scendere del fuoco dal cielo?”. Gesù, a Pietro disse: “Riponi la tua spada!”.
Anche a noi, oggi, Gesù chiede di deporre la spada e porre un gesto diverso da quello dell’avversario o dell’amico maleducato.
Giovanni Negro