La menzogna più grande

Giovanni Negro

«Non ti fare troppo giusto» (Ec 7:16).
Era un pomeriggio d’estate. Luigi, insieme con i suoi amici, cercava un luogo per giocare con il pallone, quando dalla strada videro un campo di angurie. Allora optarono per raccoglierne una in modo che dopo la partita si potessero dissetare. Strada facendo, Luigi propose ai suoi amici di fare un gioco: chi sarebbe riuscito a dire la menzogna più grande, si sarebbe aggiudicato tutta l’anguria. Furono tutti d’accordo e con entusiasmo cominciarono a dire la loro menzogna. Erano così presi dal gioco che alzarono la voce più del necessario, tanto che riuscirono a svegliare il maresciallo dei carabinieri Giustino. Allora questi si alzò per vedere che cosa stesse succedendo fuori, proprio sotto la sua finestra. Quando vide che erano solo dei ragazzi, intervenne dicendo: «Che cosa state facendo qui, ragazzi, proprio all’ora del riposino pomeridiano? Si può sapere, eh? Tutta la notte sono stato in servizio e adesso che mi ero appena appisolato… ecco che dei ragazzi indisciplinati, senza rispetto alcuno, con i loro schiamazzi svegliano i bravi cittadini». I ragazzi, un po’ sorpresi e intimoriti, risposero: «Scusateci, signor maresciallo, noi stavamo solo giocando per vedere a chi toccherebbe il cocomero». E spiegarono quindi al maresciallo Giustino che il gioco consisteva nel vedere chi riusciva a dire la menzogna più grande, la fandonia più incredibile. Questi, quindi, avrebbe vinto il premio.
Queste parole risvegliarono nel maresciallo il suo grave senso di giustizia e della morale, e pensò di approfittare dell’occasione per fare loro una lavata di testa. Perbacco, bisognava correggerli e migliorarli con una sana riprensione. Allora, sporgendosi più che mai dalla sua finestra e gesticolando con le mani, disse: «Ah, no, ragazzi. Questo non si deve fare. Non bisogna mai dire menzogne. Quando io ero dell’età vostra non ho mai mentito per un’anguria e tanto meno andavo in giro nelle ore calde del pomeriggio a dar fastidio alle persone che riposano».
Ecco che allora tutto il gruppo dei ragazzi balzò in piedi dirigendosi verso la finestra di chi li aveva sgridati. E Luigi, che era il più alto di tutti, consegnò l’anguria al maresciallo Giustino, dicendogli: «La prenda, signor maresciallo. Ha vinto lei!».
Chissà, se questa lezione sarà servita al nostro caro maresciallo? È una lezione, comunque, che può servire a tutti quei benpensanti e troppo ricolmi di orgoglio e di autostima per accusarsi di qualche birbonata.
Quando ero responsabile del gruppo giovani della mia chiesa, un ragazzo, davanti a tutti gli altri del gruppo, mi chiese: «Hai mai fatto… ?». «Ti sei mai…?». «Hai mai detto…? Allora, risposi: «Beh, qualche volta anch’io….»; ma egli non mi lasciò finire la frase, si avvicinò e mi abbracciò, dicendomi: «Bravo, sei uno dei nostri!». Com’è triste voler sempre figurare perfetti, quando perfetti proprio non siamo! Dobbiamo stare sempre in guardia contro questo germe dell’orgoglio spirituale, perché esso è sempre in agguato nel cuore di tutti e, può trascinare dietro di sé una serie di difetti che possono inquinare la nostra vita cristiana.
Una delle cose che Gesù non riusciva a sopportare era proprio l’arroganza di quelle persone «persuase di essere giuste» (Lc 18:9) e specialiste della riprensione. Persone che non avrebbero mai e poi mai confessato di avere qualche debolezza o di aver commesso qualche errore. Mentre la consapevolezza che «tutti sbagliamo in molte cose» (Gc 3:2) e che «il peccato facilmente ci avvolge» (Eb 12:1), dovrebbe aiutarci a essere più severi e vigilanti su noi stessi e più tolleranti e comprensivi verso gli altri.
Perciò, diciamo con Paolo: «Quanto a me, non sia mai che io mi glori d’altro che della croce del Signor nostro Gesù Cristo» (Gal 6:14).

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Autore dell'articolo: Stefania Tramutola