L’albero che non c’era

di Giovanni Negro

«La bevanda alcolica è turbolenta, chiunque se ne lascia sopraffare non è saggio» (Pr 20:1).
Marco, un giovane di diciannove anni, il giorno che la sua squadra di calcio vinse il campionato e quindi lo scudetto, si trattenne al club fino all’alba del giorno dopo a festeggiare con i suoi amici. La gioia fu talmente grande che, senza accorgersene, “alzò il gomito” più di quanto fosse abituato a fare di solito il sabato sera con i suoi amici. Così, la mattina molto presto, tornando a casa a piedi, era ancora sotto l’effetto dell’alcol. In realtà, capiva che era ancora ubriaco perché vedeva tutto doppio. Accanto alle cose che effettivamente c’erano, e che lui conosceva molto bene, ne vedeva sempre altre uguali, che sicuramente non c’erano. Così la sua vista gli faceva vedere doppie le staccionate, i pali della luce, le tabelle con le indicazioni stradali e le rare persone che incrociava per la via.
Improvvisamente, egli vide venire verso di lui due grossi cani. Erano così identici che, nonostante avesse le idee piuttosto confuse, comprese che si trattava di un cane solo, che effettivamente c’era, e di un altro che in realtà non c’era. Annebbiato com’era, decise subito comunque di fuggire. Ma ben presto ebbe alle calcagna i due cani: quello che c’era e anche quello che non c’era. Fortunatamente, davanti a lui c’era un albero o, meglio, due alberi, come naturalmente era logico: un albero che c’era e uno che non c’era. Dovendo decidere di corsa, si slanciò verso uno di quelli. Ma gli andò male, anzi, malissimo. Purtroppo per lui, salì sull’albero che non c’era e fu morso dal cane che invece c’era.
Caro Marco, questa volta te la sei proprio cercata. Dobbiamo dire che gli è andata anche bene. Immaginate un po’ se fosse ritornato a casa con la sua Smart e al bivio avesse imboccato la strada che non c’era?
Capita sempre più spesso che dei giovani vengano a trovarsi in situazioni drammatiche a causa dell’abuso di bevande alcoliche. Gesù, per il bene del popolo d’Israele, quando lo nutrì per quarant’anni nel deserto, non gli diede mai da bere né «vino né bevanda alcolica» (Dt 29:6).
Inoltre, egli stesso, mentre era sulla croce sofferente, quando gli offrirono una bevanda alcolica per poter attenuare e alleviare il suo dolore, la rifiutò. In realtà voleva conservare fino alla morte i suoi sensi ben lucidi e quindi non voleva nulla che offuscasse la sua mente (Mc 15:23).
Oltre a intorpidire le nostre facoltà intellettuali e ad affievolire la nostra sensibilità morale, l’alcol sotto i suoi effetti, può farci commettere violenze e delitti.
Perciò, chiediamo a Gesù, il quale desidera il nostro bene e la nostra felicità, di donarci quella volontà e quella luce che ebbe lui, per poter respingere sempre tutto ciò che danneggia il nostro organismo e c’impedisce di imboccare la strada giusta e di saltare, quando serve, sull’albero che c’è.

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Autore dell'articolo: Stefania Tramutola