In memoria di Alì

Giovanni Negro (Ad. da una storia di Emilio Garro)

«Il giusto sarà ricordato per sempre» (Sal 112:6).
Diversi anni fa, in una città dell’Arabia Saudita, vivevano Omar e Alì, due fratelli molto ricchi. Vedendo avvicinarsi la vecchiaia, il primo disse al secondo: «Caro fratello, quando noi saremo morti, chi ci ricorderà? Non sarebbe bene che pensassimo a innalzarci un monumento che possa tramandare ai posteri il nostro nome?». «È giusto, – annuì Alì, – ma ciascuno di noi faccia il monumento che egli crede meglio in piena libertà». Omar allora chiamò del personale specializzato e ordinò loro di tagliare un grosso blocco di marmo, e, sopra una faccia di questo, fece scolpire da un artista un’immensa immagine del suo viso e il suo nome. L’opera fu veramente imponente e artisticamente preziosa, tanto che l’effige del ricco cittadino sembrava parlare. Poi ordinò che il monumento fosse innalzato in mezzo al deserto, dove di solito si trovavano a passare le carovane. Alì invece, alcuni chilometri più in là, costruì il suo monumento. Egli non chiamò persone importanti e specializzate, ma dei semplici operai. Fece scavare un pozzo profondo, da cui sgorgò dell’acqua limpida e fresca, gioia e ristoro dei pellegrini assetati e degli stanchi cammelli. Inoltre, lo circondò di sedili, piantò delle palme tutt’intorno affinché facessero ombra ai viandanti stanchi, e alla fine, come protezione, cinse il tutto con un muricciolo. Però, non volle incidere né il suo nome né la sua immagine da nessuna parte, ma nonostante questo, le lunghe file di cammelli e di mercanti che comparivano all’orizzonte sulla gialla distesa sabbiosa si dirigevano verso il “pozzo di Alì”, che così era dovunque conosciuto e nominato. E al “pozzo di Alì” i pellegrini si fermavano e si ristoravano, mentre non degnavano che di un fuggevole sguardo il superbo obelisco che Omar aveva fatto innalzare nel deserto. Le persone dicevano: «Omar pensò solo a sé stesso: lo copra pure l’oblìo. Alì, cuore generoso, pensò invece agli altri. Sia benedetto in eterno!».
Disse il dottor Schweitzer: «L’unica cosa importante che resterà, quando ce ne andremo, saranno le tracce d’amore che avremo lasciato». È vero, ogni gesto d’amore seminato in favore del nostro prossimo lascia un ricordo indelebile. Vi ricordate il bel gesto d’amore che Maria di Betania fece nei confronti del Signore? Gesù chiamò quell’atto «una buona azione» e lo lodò oltre ogni aspettativa umana, affermando che sarebbe stato raccontato in tutto il mondo «in memoria di lei» (Mt 26:13). Sì, il suono o il profumo di una buona azione può raggiungere le estremità della terra ed essere ricordato per l’eternità.
La memoria di gesti e azioni altruistiche riscalda i cuori e ci aiuta a continuare a percorrere con speranza il percorso della nostra breve vita.
Cerchiamo, quindi, di seminare delle buone azioni anche noi, affinché i nostri nomi, oltre a essere custoditi nei cuori delle persone, siano anche ricordati e «scritti nel libro della vita dell’Agnello» (Ap 21:27).

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Autore dell'articolo: Stefania Tramutola