Cervello di pesce

Giovanni Negro – (Ad. da un racconto di Anonimo)

«Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero… voi tutti siete di Cristo» (Gal 3:28).
All’inizio della seconda guerra mondiale un ufficiale nazista si trovò a dividere, suo malgrado, lo scompartimento del treno con una famiglia ebrea alquanto numerosa. Dopo aver mantenuto un contegno indifferente e sdegnoso nei confronti di questa famiglia ebrea, non seppe resistere alla tentazione di stuzzicarla e prenderla in giro; così disse: «Si dice che voi ebrei siate estremamente furbi, buoni economi e intelligenti; francamente non riesco proprio a capire da dove derivi tutta questa decantata intelligenza, visto che siete una delle razze inferiori!». Il capo della famiglia ebrea, uomo veramente arguto, replicò prontamente: «Caro ufficiale, il segreto sta tutto nella dieta. Noi mangiamo molto cervello di pesce!». E, dato che ormai era ora di pranzo, l’ebreo disse alla moglie di distribuire il pesce che aveva preparato con aceto di mele, foglie di menta e mollica di pane. Mentre la donna si stava apprestando a distribuire i pescetti all’allegra famiglia, l’ufficiale tedesco, eccitato dall’idea di poter accrescere le proprie facoltà mentali, esclamò: «Aspetti, signora! Ne voglio anch’io qualcuno… almeno le teste!». «Bene, – rispose pronto il capo famiglia – ti vendo cinque teste di pesce per venticinque marchi! Noi, per questa volta, ci accontenteremo di mangiare solo la parte centrale». Il nazista accettò e cominciò a mangiare. La prima sensazione fu sgradevolissima, quasi un senso di vomito, ma i bambini lo incitavano a mangiare dicendo: «Mangia, è buono!». Mentre stava per addentare la quarta testa di pesce, l’ufficiale, colto da un dubbio, sbottò dicendo: «Non ti sembrano un po’ care queste cinque teste di pesce per venticinque marchi?». «Vedi? – sorrise l’ebreo – Funziona già».
Accipicchia, ragazzi, che figuraccia! Ma diciamolo pure, se l’è proprio cercata e meritata. Albert Einstein affermava che «è più difficile disintegrare i pregiudizi piuttosto che disintegrare gli atomi». È veramente triste pensare che, sotto l’alibi delle buone intenzioni, vi siano stati uomini, anche cristiani, che hanno avuto pregiudizi di razza, di intolleranza religiosa e di disprezzo per la vita e la dignità umana. Ma, attenzione! Nel nostro piccolo, se pur nelle espressioni meno appariscenti, tutti abbiamo una piccola o grande porzione della nostra mente coperta dal pregiudizio. La tendenza a disprezzare lo straniero e a prevaricare su di lui, o a respingere con veemenza tutto ciò che è diverso da noi, è sempre in agguato in ognuno di noi, e se non la demoliamo finisce per far morire tutto ciò che vi è di buono in noi. Gesù disse: «Voi siete tutti fratelli» (Mt 23:8), e l’apostolo Pietro affermò «che nessun uomo deve essere ritenuto impuro o contaminato» (At 10:28). Anche se il peccato ci ha abbrutiti e ha alterato quell’immagine e quell’impronta che il nostro Creatore pose in ognuno di noi, Gesù continua a dirci: «Tu sei prezioso,… sei pregiato e io t’amo» (Is 43:4). Impariamo, perciò, a stimare il nostro prossimo non per il lavoro che fa, non per il colore della pelle, né per la razza né per la religione che professa, ma sempre in base a quella scintilla divina che ci rende tutti fratelli e figli di Dio.
«Io sogno che un giorno… tutti gli uomini rispetteranno la dignità dell’essere umano» (Martin Luther King).

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Autore dell'articolo: Stefania Tramutola