Giovanni Negro – “O Signore, tu… porgi il tuo orecchio per rendere giustizia all’orfano e all’oppresso” (Salmo 10:17).
Una sera di qualche tempo fa, in una larga e tumultuosa via alberata di Londra, vi erano due amici che stavano passeggiando. In quella via c’era un po’ di tutto: trambusto di uomini e di mezzi, strepito di cavalli e di carrozze, gente che camminava affrettatamente, e così via. Ma ecco che uno dei due amici si ferma, trattiene per un braccio l’altro e gli sussurra: “Senti? C’è un grillo”. Quello lo guarda incredulo ed esclama: “Ma che dici? Com’è possibile sentire il cri-cri di un grillo in mezzo a tutti questi rumori?”. Ed ecco che Jean – questo era il suo nome – si ferma per ascoltare e, come guidato da un radar, si accosta lentamente a un minuscolo ciuffo d’erba ai piedi di un albero. Con delicatezza sposta gli steli e dice: “Eccolo!”. L’amico si curva ed esclama stupito: “È davvero un grillo piccolo! Ma come hai fatto a sentirlo in mezzo a tutto quest o chiasso?”. Nel riprendere a camminare, Jean gli risponde: “Perché voglio bene a queste piccole creature. Tutti sentono le voci che amano, anche se sono debolissime. Vuoi che proviamo?”. Ed ecco che si ferma, estrae dal borsellino una moneta e la lascia cadere a terra. Il contatto col pavimento provoca appena un piccolo din, ma è sufficiente a fermare una decina di persone che camminano sul marciapiede. Queste si voltano di scatto a fissare la moneta. “Hai visto? Queste persone amano il denaro e ne percepiscono il suono, anche tra lo strepito più chiassoso. Per avvertire certe voci occorre una grande capacità di ascolto, e tale capacità c’è se ami quelle voci”, afferma Jean, che aveva gettato a terra la moneta.
Sapete chi era questo signore che aveva una tale sensibilità rivolta in modo specifico al mondo degli insetti? Era l’entomologo francese Jean Henri Fabre.
Riflettiamo! Se un uomo, per l’interesse che aveva verso i grilli, è riuscito a sviluppare le sue capacità di ascolto in modo da percepire il loro cri-cri in mezzo a tanto rumore, quanto più Gesù, che ci ama e ha donato la sua vita per noi, è attento alle nostre suppliche. Certamente, nessuno ci sa ascoltare come lo sa fare lui. Vi ricordate di Agar, la serva di Sara moglie di Abramo? Quando restò incinta, fu trattata così duramente da Sara che fuggì lontano da lei. Mentre era sola, abbandonata da tutti, smarrita e angosciata, Gesù le apparve per dirle che la sua afflizione e il suo tormento non erano passati inosservati nel cielo. E, affinché non dimenticasse questo, le chiese di porre al figlio che portava in grembo il nome di Ismaele, che significa “Dio ascolta” (Gen 16).
Nella vita, molte persone, sapendo che Gesù è sempre attento alle nostre richieste, hanno affermato: “Il Signore udì la nostra voce, vide la nostra oppressione, il nostro travaglio e la nostra afflizione” (Dt 26:7). Lo stesso Davide disse: “Nel mio smarrimento… tu hai udito la voce delle mie suppliche” (Sal 31:22). Non scoraggiamoci, allora; e quando attraversiamo dei momenti difficili, presentiamo con fiducia a Gesù le nostre richieste per “essere soccorsi nel momento opportuno” (Eb 4:16). “Non c’è né un sospiro né un tormento che non trovi eco nel cuore del Padre” (E.G. White)(Ad. da: “Qualcuno ti chiama” di F. Triverio)