Il giudice sapiente

di Giovanni Negro (Rid. e ad. da un racconto di Leone Tolstoj)

«Insegnami dunque la sapienza nel segreto del cuore» (Sal 51:6).
Un re aveva sentito dire che in una delle sue città esisteva un giudice di una straordinaria sapienza. Si diceva che egli scoprisse infallibilmente la verità e che nessun birbone poteva sfuggirgli. Per assicurarsi se quanto si diceva non fosse una esagerazione, si travestì da mercante, montò a cavallo e andò in città dove viveva il giudice. Come entrò in città un mendicante gli si avvicinò e gli chiese l’elemosina. Il re gli diede qualche cosa e, come fece per continuare la strada, il povero lo trattenne prendendolo per l’abito. «Che vuoi? – gli chiese il re – Non ti ho già fatto l’elemosina?». «Sì, – rispose il mendicante, – ma fammi anche il piacere di portarmi sul tuo cavallo fino alla piazza». Il re lo fece salire e lo portò fino alla piazza. Ma quando il re lo invitò a scendere, perché ormai erano arrivati, il mendicante rispose: «Perché dovrei scendere se questo cavallo è mio?». Intanto, le persone che avevano assistito alla loro discussione si avvicinarono e gridarono da più parti: «Andate dal giudice, egli vi metterà d’accordo». Allora il re e il mendicante si recarono dal giudice. Il re, travestito sempre da mercante, quando si trovò davanti al giudice raccontò l’accaduto. Il giudice lo ascoltò attentamente e poi ordinò al mendicante di raccontare la sua versione dei fatti. Costui disse: «Non vi è nulla di vero in quello che ha detto. Ecco la verità: ero a cavallo e stavo attraversando la città; egli era seduto in terra e mi ha pregato di prenderlo sul mio cavallo e di condurlo in piazza. L’ho fatto salire e poi l’ho condotto dove desiderava. Arrivati, egli ha rifiutato di scendere, dicendo che il cavallo era suo, ma ciò è falso!». Il giudice rifletté e poi disse: «Lasciate il cavallo e tornate da me domani». L’indomani una grandissima folla si riunì per ascoltare il giudizio del giudice. Il giudice chiamò il re e lo portò nella scuderia dove vi erano venti cavalli. Il re riconobbe subito il suo cavallo fra i venti. Poi il giudice fece venire nella scuderia anche il mendicante e gli ordinò di mostrargli il cavallo. E anche lui lo riconobbe e lo indicò. Allora il giudice ritornò al suo posto e disse al re: «Il cavallo è tuo, prendilo», e rivolto al mendicante, disse: «Tu, invece, andrai subito in prigione». Il re, tutto meravigliato, chiese al giudice come aveva fatto a capire che il mendicante mentiva. «Il mendicante lo ha riconosciuto come te, fra venti altri. Ma io non vi ho fatto venire insieme nella scuderia per vedere chi di voi avrebbe riconosciuto il cavallo, ma piuttosto per vedere chi di voi due il cavallo avrebbe riconosciuto. Quando tu ti sei avvicinato a lui, il cavallo ha voltato la testa dalla tua parte; mentre quando il mendicante l’ha toccato, esso ha abbassato un orecchio e alzato un piede a minaccia. Ecco come ho saputo che il proprietario del cavallo eri tu». Allora il re disse: «Io non sono un mercante, sono il re ed ero venuto qui per vedere se quello che si dice di te è vero. Ora so che sei un giudice saggio e giusto. Chiedimi tutto quello che vuoi e l’avrai». E il giudice rispose: «Eccellenza, non ho bisogno di ricompensa alcuna. Mi basta la stima del mio re».
Questo giudice ci ricorda tanto Salomone. Ancora giovane, consapevole dei suoi limiti e di non disporre di una buona capacità di giudizio, chiese al Signore con umiltà: «Dai al tuo servo un cuore intelligente perché io possa amministrare la giustizia… e discernere il bene dal male» (1 Re 3:9). Il Signore, contento di questa sua richiesta, lo esaudì donandogli un cuore saggio e intelligente, tanto da diventare «il più grande di tutti i re della terra per ricchezze e per sapienza» (1 Re 10:23). E tutte le persone che subivano delle ingiustizie si appellavano a lui per risolvere il loro caso.
Non è facile possedere l’equilibrio del saper giudicare e discernere il bene dal male. Addirittura, la Bibbia ci parla che nella città di Ninive vi erano «più di centoventimila persone che non sapevano distinguere la loro destra dalla sinistra» (Gn 4:11). Spesso, nel valutare e nell’agire, cadiamo nell’inganno perché non sempre l’errore e il male appaiono nella loro reale luce, in quanto riescono con efficacia a mescolarsi con la verità e il bene.
Quindi, consapevoli di questo, non sottovalutiamo la virtù preziosa del discernimento e, come Salomone, chiediamo con umiltà a Gesù quella saggezza che ci metterà in condizione di «rigettare il male e scegliere il bene» (Is 7:15).

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Autore dell'articolo: Stefania Tramutola