“Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12:21)
Un gruppo di giovani dirigenti che avevano terminato una settimana di aggiornamento si affrettavano veloci nei corridoi dell’aeroporto con in mano i loro bagagli. Era venerdì sera e tutti avevano promesso alla propria famiglia che sarebbero rientrati a casa per il fine settimana. Purtroppo, erano in forte ritardo in quanto il convegno era terminato più in là del previsto e il loro volo era già stato annunciato da un po’ di tempo. All’improvviso, e senza volerlo, due di essi inciamparono in una bancarella di frutta rovesciando un cesto di mele. Le mele caddero e si sparsero tutte per terra. Senza trattenersi e senza guardare indietro, i giovani continuarono a correre e riuscirono a salire sull’aereo. Tutti meno uno. Quest’ultimo si fermò provando un sentimento di compassione per la padrona del banco di mele. Urlò ai suoi amici di continuare senza di lui e nello stesso tempo avvisò telefonicamente la sua giovane moglie che sarebbe arrivato con il volo successivo. Così tornò al terminal e vide che tutte le mele erano ancora sparse per terra. La sorpresa fu enorme, quando si rese conto che la padrona delle mele era una bambina cieca. La bambina, mentre piangeva, toccava il pavimento cercando, invano, di raccogliere le sue mele, mentre le persone passavano senza fermarsi e senza che a nessuno importasse nulla dell’accaduto. Il giovane dirigente, inginocchiatosi presso di lei, raccolse le mele mettendole nella cesta e l’aiutò a montare di nuovo il banco. Mentre lo faceva, si rese conto che molti frutti, cadendo, si erano rovinati. Quando terminò, tirò fuori il portafoglio e disse alla bambina: “Stai bene?”. Lei, sorridendo, annuì con la testa. Allora il giovane le mise in mano una banconota da cento euro, poi le disse: “Prendi, per favore: sono per il danno che ti abbiamo procurato. Spero di non aver rovinato la tua giornata”. Mentre cominciava ad allontanarsi udì la bambina chiamarlo: “Signore…”. Egli si fermò e si girò a guardare gli occhi ciechi della bimba, che proseguì, dicendo con voce dolce: “Sei tu Gesù…?”. Il giovane si fermò, girandosi più volte, prima di dirigersi per andare a prendere l’aereo, con questa domanda che vibrava nel suo cuore e gli bruciava: “Sei tu Gesù?”.
Oh, quanto avrei voluto che queste parole fossero state rivolte a me! E voi, siete stati mai scambiati per Gesù? Penso che non vi è complimento maggiore di questo. Sapete qual è il più grande desiderio del Signore? “Egli vuole che i suoi figli abbiano un carattere simile al suo. Come i raggi del sole suscitano nei fiori i loro vari e delicati colori, così Dio infonde nell’anima la bellezza del suo carattere”. (E. G. White, La Speranza dell’Uomo, p.229).
Sì, Gesù desidera che la sua immagine sia riprodotta nei suoi cari amici, in coloro che Dio ha predestinato “a essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8:29). E qual è la gioia del Signore? “La sua ricompensa e la sua gioia per l’eternità stanno nella riproduzione in loro del suo carattere e del suo spirito” (E. G. White, Gesù di Nazaret, p. 474). Ma come possiamo arrivare a somigliare a Gesù? Vi ricordate il proverbio che dice: “Dimmi con chi stai e ti dirò chi sei»? Quanto tempo trascorriamo con Gesù? Quante volte durante la giornata lo pensiamo, lo contempliamo e parliamo agli altri del suo amore? Solo così, «contemplando la gloria del Signore, possiamo essere trasformati nella sua stessa immagine” (2 Cor 3:18). Le persone, quando vedevano i suoi discepoli, “si meravigliavano e riconoscevano che erano stati con Gesù” (Atti 4:13). Questo perché l’oggetto preferito dei loro pensieri era Gesù, e lo scopo che si erano prefissati era quello di assomigliare al loro Maestro.
Ancora oggi, in questo mondo dove vi è una sproporzionata collezione di idoli e di falsi supereroi, vi sono persone che ci chiedono: “Vogliamo vedere Gesù”. Perciò, mi raccomando, non deludiamo le loro attese ma cerchiamo di soddisfare questa legittima richiesta.