Un vero…musulmano

Giovanni Negro – “Beato l’uomo nel cui spirito non c’è inganno!”. (Sal 32:2)

Una volta a settimana Dan, un giovane senegalese, si recava presso una macelleria sulla via Cassia, a Roma, per comprare quattro fettine di vitello per la sua famiglia. Quella sera fece altrettanto. Al momento di pagare il conto di cinque euro, chiese se poteva ricevere un piccolo sconto perché per lui, che aveva un lavoro saltuario, cinque euro erano tanti. Il macellaio lo trattò bruscamente e lo invitò a leggere il cartello appeso alle sue spalle dove era scritto: “Gli sconti qui si fanno solo domani”. Ma quel domani non sarebbe mai diventato un oggi. Allora Dan, timidamente e senza insistere ancora, pagò e, anziché la busta con dentro le quattro fettine, prese per errore dal banco un involto simile che però conteneva venticinquemila euro, gli stipendi degli operai del macellaio impiegati al mattatoio. Il commerciante, accortosi subito dello scambio, corse rapidamente fuori, ma di Dan non c’era nessuna traccia. Il negoziante non si dette pace, corse su e giù per la via fermando tutti i ragazzi di colore che vendevano dischi, ragnetti saltellanti, bolle di sapone, ecc… Ma di Dan nessuno sapeva niente. Avvilito e scoraggiato, egli ritornò in negozio per chiamare la polizia che subito arrivò. La pattuglia si mise a cercare il giovane senegalese su e giù per la via Cassia. Ma niente. Nel frattempo, nel negozio entrò un altro ragazzo africano, di nome Albert, al quale il macellaio raccontò subito la sua disgrazia. Il ragazzo, guardandolo fisso negli occhi, gli disse: “Un vero musulmano torna con tutto il denaro”. Pagato il suo acquisto, se ne andò col numero del telefono del macellaio. A sera, il macellaio chiuse il negozio, tornando a casa con l’angoscia nel cuore. Mentre raccontava la cosa in famiglia, il telefono squillò: era Albert. Costui era stato cercato da Dan per sapere come poter rintracciare per telefono il macellaio. Albert chiese al macellaio: “Ti posso far chiamare?”. Al telefono Dan spiegò al macellaio di essersi accorto solo a casa di ciò che conteneva l’involto. Poi gli disse: “Ho chiesto a tutti i venditori ambulanti della tua strada se per caso conoscevano il tuo numero di telefono. Stai tranquillo, comunque, domani mattina, appena apri il negozio, ti riporterò i soldi”. Ma il macellaio, in compagnia del suo figlioletto Vittorio, nonostante fosse ormai notte, si precipitò subito a casa di Dan, un garage che divideva con altre due famiglie. Fu un incontro commovente. Il commerciante, con le lacrime agli occhi, non finiva di ringraziare il giovane senegalese. Nel ricevere cento euro di ricompensa, Dan ha affermato imbarazzato: “Non ho fatto nulla di straordinario, ho fatto solo il mio dovere”. Sulla strada di ritorno, il papà disse a Vittorio: “Stasera, prima di andare a letto, non mi laverò le mani: voglio conservare a lungo l’impronta della mano di questo giovane onesto”. Vittorio non sembrò capire, ma arrivato a casa, disse alla madre: “Mamma, stasera né io né papà ci laveremo le mani”. Perché il gesto di Dan ha procurato tanta commozione? Perché sono azioni fuori dell’ordinario, azioni che ci rivelano una parte di noi che non conosciamo bene, come un’eredità nobile e antica che qualcuno ha messo in ognuno di noi. L’onestà e la lealtà di Dan non sono frutto del caso. Sicuramente fin da bambino egli aveva deciso di fondare il suo carattere su veri principi di vita e così, per lui, l’onestà e la fedeltà erano abitudini naturali. Sì, bisogna coltivare la nobiltà d’animo sin da fanciulli. Se lo farete, nell’età matura darete i vostri buoni frutti, ispirando negli altri fiducia, amicizia, rispetto e lode. E Gesù stesso vi accoglierà con parole di elogio, dicendovi: “Ecco un vero… cristiano in cui non c’è frode” (Gv 1:47). (Adattata dal quotidiano Leggo del 19/11/2002 )

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Autore dell'articolo: Stefania Tramutola